«L'attenzione selettiva si riferisce all'elaborazione differenziale di sorgenti simultanee di informazione» (Johnston & Dark, 1986, pag. 44).

«L'attenzione selettiva è il processo grazie al quale un parte dell'informazione disponibile è selezionata da un array sensoriale per ulteriori elaborazioni, in particolare per la ricognizione o per dei compiti mnemonici» (Niebur, Koch & Rosin, 1992).

L'attenzione è un fenomeno che coinvolge il vissuto esperenziale di ogni individuo. Ognuno ha, almeno implicitamente, la sensazione di vivere immerso in un ambiente formato da innumerevoli oggetti. A questi oggetti possiamo decidere di prestare, o meno, il nostro interesse; ma gli stessi oggetti, grazie alle loro caratteristiche di salienza, possono in qualche modo imporsi al nostro interesse o, viceversa, possono mimetizzarsi.

Noi tutti abbiamo la capacità di ascoltare una persona fra molte che parlano contemporaneamente: riusciamo a far emergere la sua voce e a portare in secondo piano le altre. Ma se qualcuna delle altre persone pronuncia il nostro nome essa si impone alla nostra coscienza: riusciamo ad accorgerci che si parla di noi anche se non stavamo ascoltando. E' la tipica situazione nota come cocktail party.

Se chiedessimo all'ipotetico uomo della strada una definizione di attenzione questi probabilmente ne parlerebbe come della capacità di decidere quali parti del mondo (e dei nostri stessi pensieri) far emergere a livello della coscienza. Una definizione non molto dissimile a quella data, un secolo fa, da William James: «la mia esperienza è ciò a cui decido di prestare attenzione» (citato in Bagnara, 1984). Detto in altri termini, se la coscienza è la nostra telecamera sul mondo l'attenzione è il regista che decide quali inquadrature effettuare.

Il rapporto coscienza/attenzione ha condizionato il ruolo di quest'ultima nella storia della psicologia (Bagnara, pag. 12). Nell'era pionieristica della psicologia, durante il periodo a cavallo fra il XIX ed il XX secolo, la coscienza era considerata uno degli argomenti centrali della materia, ed al problema dell'attenzione veniva di conseguenza attribuita molta importanza.

In seguito, con l'avvento del comportamentismo, la coscienza venne considerata un assunto metafisico non solo inutile, ma addirittura dannoso e lo stesso concetto di attenzione fu ripudiato in virtù degli assunti mentalisti che veicolava.

Quando il cognitivismo restituì dignità e cittadinanza al mentalismo si incominciò a parlare nuovamente di attenzione ed a studiare il fenomeno con i mezzi conoscitivi che, nel frattempo, erano stati sviluppati.

Oggi l'attenzione è uno degli argomenti trattati non solo della psicologia generale, ma anche della neuropsicologia sperimentale, della neuropsicologia clinica, dalla psicofisiologia e dalla neurofisiologia (Johnston & Dark, 1986, pag. 45).

L'attenzione selettiva consiste nella capacità, da parte di un agente, di selezionare, in base ad un qualche criterio, un solo oggetto fra quelli presenti nel suo ambiente. Essa può essere considerata un filtro che seleziona le informazioni in input e decide quali di queste debbano essere ulteriormente elaborate e quali, viceversa, debbano essere ignorate.

Complementare all'aspetto selettivo vi è il fenomeno della focalizzazione, che consiste nella capacità di sottoporre lo stimolo selezionato ad ulteriori elaborazioni. Nel paragrafo 2 ci occuperemo dell'attenzione selettiva, mentre il paragrafo 3 introdurrà l'attenzione focalizzata.

*sono i campi obbligatori

Puoi annullare la tua sottoscrizione in qualsiasi momento attraverso il link in fondo alle mail.

Questa mailing list utilizza Mailchimp. Pertanto, iscrivendoti alla mailing list le tue informazioni saranno gestite da Mailchimp.Le regole di privacy di Mailchimp