Le componenti di sistema

Il sistema di elaborazione visiva è costituito dalle seguenti componenti:

  1. Un trasduttore, costituito dalla retina, capace di convertire le distribuzioni cromatiche e di luminosita in segnali nervosi covarianti.
  2. Un sistema di input che, a partire dalle informazioni presenti nella retina (attributi sensoriali) restituisce due tipi di output:
    • una master map, ovvero una mappa neuronale che codifica gli attributi fisici;
    • una mappa di salienza, che codifica solamente la posizione spaziale degli oggetti (in coordinate retinocentriche) e la loro estensione.
  3. Un sistema di identificazione che, a partire dalla master map, ricostruisce una rappresentazione degli oggetti percepiti invariante rispetto a parametri non pertinenti, quali la posizione retinica o la luminosità dell'ambiente.
  4. Un sistema di localizzazione e selezione spaziale che, a partire dalla mappa di salienza, dai vettori di posizione di occhi e capo e dalla variabile destra-sinistra ritorna una rappresentazione dell'ambiente egocentrica e filtrata in base alla selezione attentiva.
  5. Un sistema di elaborazione centrale, capace di influenzare il processo del modulo spaziale in due modi:
    • attraverso la variabile destra-sinistra, condizionare il funzionamento del filtro per emicampi;
    • attraverso un segnale go-no go, permettere od inibire il movimento dello sguardo verso la locazione spaziale attentivamente selezionata.

Aggirare l'incapsulamento

La finalità dell'incapsulamento delle informazioni è quella di rendere il modulo indipendente rispetto al sistema di elaborazione centrale o ad altri moduli ed essere così più obiettivo rispetto alle informazioni in arrivo. In questo contesto per obiettività si intende la capacità di elaborare gli input sensoriali in maniera indipendente dalle intenzioni od aspettative del soggetto. Da questo punto di vista l'attenzione costituisce un'esplicita violazione di tale vincolo, in quanto consiste nella possibilità di influenzare le prestazioni del sistema di processamento proprio in base alle intenzioni od aspettative.

Se la finalità dell'incapsulamento è quella di garantire l'obiettività del modulo sarà ragionevole aspettarsi che la violazione dell'obiettività sarà ottenuta attraverso una violazione dell'incapsulamento. In questa sede si sosterrà dunque l'ipotesi che l'attenzione selettiva spaziale agisce aggirando l'incapsulamento informazionale di entrambi i moduli di localizzazione ed identificazione.

Vi sono due possibili sistemi per influenzare, dall'esterno, il funzionamento di un modulo. Il sistema diretto consiste nel modificare gli algoritmi o le rappresentazioni interne. Il sistema indiretto consiste invece di modificare semplicemente le informazioni in input. Nel nostro caso, il processo di identificazione può essere influenzato modificando la master map sulla quale il processo si basa.

Il modo più semplice per modificare l'input visivo consiste nel chiudere gli occhi, in modo da eliminare ogni tipo di informazione visiva ed impedendo così che l'elaborazione possa aver luogo. Una modificazione della rappresentazione si ottiene anche spostando lo sguardo. In questo modo verranno incluse nel campo visivo aree spaziali prima escluse e viceversa e, fatto non meno importante, cambierà anche l'area soggetta a foveazione.

Vi è, però, la possibilità di modificare la master map (e la mappa di salienza) a valle dei primi stadi di processamento, proprio grazie all'attenzione selettiva spaziale. L'attenzione selettiva spaziale consiste infatti nella capacità di modificare la rappresentazione interna dello spazio (modificazione covert) senza modificare l'informazione codificata dalla retina (modificazione overt).

Il meccanismo attentivo spaziale si colloca, nell'architettura del sistema di processamento visivo, in parallelo rispetto al meccanismo di identificazione. Com'è dunque possibile che l'output del meccanismo attentivo spaziale influenzi la master map e la mappa di salienza, collocate a monte di entrambi i moduli? E' necessario invocare un collegamento di feed-back che, dall'uscita del modulo spaziale proietti verso le aree visive.

In termini neuroanatomici la connessione va dall'area fronto-parietale e dal collicolo superiore verso l'area prestriata attraverso alcuni nuclei del talamo (pulvinar e nuclei intralaminari).

Figura 3: l'architettura dell'agente

Questo collegamento, pur non violando esplicitamente il vincolo di incapsulamento del modulo viene meno alla prescrizione che l'architettura dell'agente sia unidirezionale e strettamente bottom-up e, in questo modo, riesce ad influenzare il processamento di entrambi i moduli di localizzazione e di identificazione.

Effetti ricorsivi della selezione attentiva

E' degno di attenzione il fatto che, attraverso il collegamento di feedback, il modulo selettivo spaziale riesce a modificare non solo l'input del modulo di identificazione, ma anche il proprio. Attraverso questo meccanismo ricorsivo si riesce ad ottenere un'amplificazione degli effetti attentivi: la selezione aumenterà la salienza delle aree già forti e diminuirà la salienza delle aree già deboli. Questo comportamento, per certi versi molto comodo, può essere anche piuttosto pericoloso, perché può bloccare l'attenzione focalizzata verso un solo oggetto trascurando tutti gli altri. Un simile rischio può essere evitato in due modi:

  • attraverso un'inibizione nei confronti delle aree già soggette ad attenzione focalizzata;
  • attraverso una fonte di informazioni complementare, naive, ovvero non influenzata dal filtro attentivo.

Il cervello sembra aver implementato entrambi i meccanismi di sicurezza:

  • il primo è ottenuto attraverso l'inibizione di ritorno, fenomeno già descritto nel capitolo relativo agli algoritmi;
  • il secondo meccanismo (l'informazione visiva complementare) può essere verosimilmente costituito dalla via retinotettale, attraverso cui la retina proietta direttamente verso gli strati superficiali del collicolo superiore una copia dell'informazione non influenzata dalla selezione. A supporto di quest'ultima ipotesi vale la pena di osservare come, negli animali con lesione degli strati superiori del collicolo superiore, si osservi un comportamento caratterizzato da una minore distraibilità, nei compiti attentivi, da parte di stimoli distrattori e la diminuzione dei comportamenti spontanei di esplorazione.

Figura 4: l'architettura del meccanismo attentivo spaziale

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