La teoria classica soddisfa la condizione di economia cognitiva, in quanto è possibile usare un solo esemplare per rappresentare l'intera categoria; inoltre spiega le caratteristiche di coerenza e coesione dei concetti, in quanto i membri sono uniti da una serie di attributi in comune.

Tuttavia già dalla fine degli anni sessanta gli psicologi cominciarono a nutrire dei dubbi riguardo a questo genere di impostazione e al metodo di ricerca utilizzato da Bruner e colleghi (Benjafield, 1999).

Infatti l'approccio classico presenta delle notevoli criticità, dal momento che non rende conto della naturalezza dei concetti. Esso si applica bene ai concetti artificiali, definiti da un insieme di attributi necessari e sufficienti, ma risulta difficilmente estensibile alle categorie naturali. Per di più la teoria classica non è in grado di rendere conto delle differenze che intercorrono tra i concetti artificiali e quelli naturali, individuati dalle parole del linguaggio comune.

Il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein ha influenzato notevolmente la discussione filosofica e psicologica con le sue considerazioni riguardo la struttura dei concetti naturali (Macchi, 1999). Egli ha affermato infatti che le categorie naturali possiedono una struttura più debole di quella definizionale, in quanto non sempre possiedono confini ben delineati, e i loro membri sono connessi da una serie di attributi che si sovrappongono (somiglianza di famiglia o family resemblance). Le osservazioni di Wittgenstein hanno costituito il punto di partenza per le critiche successive alla teoria classica.

In primo luogo, tale teoria non è in grado di definire i concetti naturali attraverso una serie di proprietà necessarie e sufficienti, mostrandosi incapace di trovarne i fattori definenti.

In secondo luogo, la teoria classica prevede che un concetto specifico come canarino abbia più attributi in comune con la categoria immediatamente sovraordinata (uccello) rispetto ad un concetto sovraordinato più lontano (animale). Ma questa previsione viene contraddetta se si pensa ad un concetto come pollo, il quale sembra possedere un maggior numero di attributi in comune con la categoria più lontana animale, piuttosto che con quella più vicina uccello.

Inoltre, è stato notato che nelle sessioni sperimentali i soggetti non sempre si trovano d'accordo sulla categorizzazione, anche se secondo la teoria classica la presenza di attributi definenti dovrebbe garantire un'ampia coerenza di giudizio.

Infine, l'approccio classico non è in grado di rendere conto della differenza di tipicità (tipicality) fra i diversi membri della stessa categoria. Questa critica si basa sul fatto che alcuni esemplari, considerati più rappresentativi di una categoria, come pettirosso per la categoria uccello, vengono classificati dai soggetti più velocemente ed in maniera più accurata rispetto ad altri membri considerati meno tipici, come struzzo. Tale osservazione ha condotto alla formulazione dell'alternativa più radicale alla teoria classica, ossia la teoria del prototipo di Eleanor Rosch, che si basa sull'assunzione che il grado di tipicità sia un indicatore del grado di appartenenza dell'esemplare alla categoria (Rosch, 1975a).

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